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Fino a Dogali

Chapter 4 No.4

Word Count: 8825    |    Released on: 04/12/2017

e secrete, aspettavano forse di vederlo insorgere sulla montagna e alla testa di una compagnia fra contrabbandieri e cacciatori correre alla d

na ressa di popolo piangente di ogni entusiasmo, giacchè l'effervescenza del sentimento patriottico permetteva qualunque eccesso di pensiero e di parola. Si declamava di guerra, di massacri, di trionfi, di perdon

senza capire delle loro frasi che le parole di guerra. Il nemico scoperto era l'Austria, i nemici incerti tutti i principi, il papa e il c

ordini; ma nessuno dei due sapeva bene ciò che volesse. Ugo Bassi additato alla reazione austriaca dal clero implacabile si confessò, abiurò e cadde, martire coraggioso e recalcitrante, per vivere nei ricordi del popolo che di lui non ricordò più che la morte; l'altro, più fortunato o più

estosa predicazione. Differenze di indole e più ancora di testa glielo i

nsava dei principi e del popolo? Di Carlo Alberto e di Pio I

to scritto, ma la sua vita

va alla rivoluzione come ad una avventura della quale era già previsto lo scioglimento. Nessuna fede, nessuna idea netta; qualche sentimento generoso fra molti avari, una certa smania di novità frammezzo abitudini che la morte poteva interrompere, non già la vita mutare; paure e ignoranze, viltà di ogni servitù, gelosie di qualunque grado. La rivoluzione non era possibile, il popolo non la sentiva.

eva nè un re, nè un ge

a! Quale fra i tanti ministri dei tanti piccoli Stati sarebbe stato così forte da soffocare la voce degli altri per farsi intende

a, cosicchè il dolore e l'odio frazionandosi s'impicciolivano. Mazzini solo era italiano, ma la sua opera e la sua fama male interpretate gl'impedivano d'abbracciare tutto il popolo. La minoranza rivoluzionaria sola

ero, avrebbe potuto trionfare; o un re temerario e abile come Enrico IV, che affermandosi re d'Italia avesse nel suo nome eccitata la rivolta e guidata la guerra contro l'Austria, avrebbe avuta qualche probabilità di riuscita. Mazzini tentò la prima proclamando la repubblica romana, nella quale, se persistente, tutti gli Stati d'Italia sarebbe

a con lungo studio, assistita da tutte le forze, in un anno appena si

vano di sangue, in tutti i paesi la reazione del dolore

volontari ritornavano sbandati maledicendo e ascoltando le maledizioni ai generosi, che a

di quel momento. Tutti i maggiori uomini d'Italia erano sembrati impari all'azione: i cattolici liberali mascherati da nuovi costituzionali spingevano l'odio della rivoluzione più oltre dei sanfedisti, seminando fra i vinti rancori che nulla poteva più con

gonia prolungata di giorno in gio

o all'ideale religioso lo aveva reso irreconoscibile, mutando una religione di sacrificio e di amore, talmente pessimista da non considerare il mondo che come un tramite oltre il quale splendeva la verità e si armonizzava la vita, in una feroce idolatria, nella quale le avar

carneficina, e quasi soffocata sotto i disastri del primo Napoleone, stava per essere uccisa. I popoli non avevano in cinquant'anni potuto intenderla. I piccoli re d'Italia accodati agli eserciti invasori, come valletti a saccomanni, serviv

Mazzini soli

a sua ultima battaglia si combatteva naturalmente a Roma. Tutta l'Europa feudale era discesa sotto le sue mura; perfino la Francia, agonizzante

embrava

to nemmeno un disastro. La libertà conservata nelle coscienze avrebbe preparato la rivincita, mentre l'unità del pensiero, la c

ava nella ripristinazione del romanismo la verità della reli

toria vi fu mom

ati di un giorno non avevano nè armi nè scampo: italiani di ogni provincia, chiamati dalla rivoluzione, erano venuti a morire nella sua tragedia. Non un dubbio, non un lamento. Roma eterna si stendeva accidiosa dietro loro dalle mura. Il suo popolo troppo pieno di cortigiane e di bastardi, rimas

, non uno dei sette immortali della storia antica perchè sovr'esso doveva cominciare la storia moderna, Mazzini pallido e sereno dominava una piccola assemblea, che percossa dal rombo dei cannoni gli si stringeva intorno. L'imm

endevano dalla sublimità della loro grandezz

tac

quel momento fu u

l'aveva dominata coi papi, era esaurita; vi sarebbe anc

ca moderna. Dopo i cesari i papi, dopo i papi il popolo. Roma assediata dagli ultimi barbari della monarchia liberava nuovamente il mondo; ma era l'anima italiana c

affermazione di tutta la sua vita in un momento che la morte rendeva libero da ogni menzogna. Senonchè l'unità da lui affermata magnanimamente non era ancora cosciente nell'anima d'Italia, e Genova e Venezia risognavano le proprie repubbliche marinare, e la Toscana si affermava superbamente august

che diciannove secoli prima vi attirava S. Pietro, non potè, limitato più dalle singole insurrezioni italiane che dagli stranieri assedianti, proclamare la repubblica italiana: Napoli e Torino,

oscienza italica per comprendere la propria unità politica aveva duopo di vederla prima in una unione esterna ottenuta dalla conquista di un principe

uando l'Italia sentirà davvero

ll'Italia. La repubblica romana proclamata fra il Campidoglio vuoto e il Vaticano deserto chiudeva per sempre le loro due epoche; durando

ella libertà, piantato dalla canaglia nella prima effervescenza della sollevazione, si essiccava al sole del tramonto, visitato tutto il giorno da ogni class

oblematica allora che gli spiriti avevano cessato d'intendersi. Nessuno parlava più della libertà d'Italia: Roma e Venezia sembravano due città straniere assediate da stranieri che si difendessero senza speranza; le vittorie austriache ingigantendo nelle fantasie atterrite la potenza dell'Austria rendevano ridicole e criminose le resistenze. Perchè battersi ancora facendo massacrare tanti poveri giovani? E il clero rispondeva insinuando che la rivoluzione non era per l'Italia, ma c

ardati con orrore misto di scherno: avevano voluto distruggere la rel

o ritornato a Roma e

a assistito come ad uno spettacolo. Se Roma si fosse difesa come Saragozza, gli eserciti stranieri discordi non l'avrebbero presa; se le popolazioni delle sue provincie fossero insorte, li avrebbero fatti prigionieri. Roma non era più Roma; i

i cannoni, squil

ori precedenti il pontefice e che tronfi della facile vittoria rattenevano a stento il disprez

nezia vincitrice non avrebbe giova

elle coscienze di tutti. Quella rivoluzione vinta, insultata nell'agonia, morta diventava qualche cosa. Rivoluzionari e reazionari al rumore della caduta di Roma si guardarono in viso a

rà un poeta grande quanto Omero, si dicevano usciti dalle mura, dispe

omandava, ness

ava quest'uomo rendendolo sup

baldi si ritirava, ne

ampagna tenuta da tre eserciti, ognuno dei quali tanto maggiore del suo? Garibaldi andava innanzi pallido e biondo. La serenità della sua fronte entrando dalla porta nella campagna, era degna di Roma; aveva perduto la battaglia ma la guer

ritorno dall'isola d'Elba? Il numero dei soldati non montava, giacchè il popolo è senza numero, e dai monti, dalle valli, dalle pianure che vanno a bagnarsi nelle paludi, dalle città che nessuna milizia occupava, dai villaggi, dai porti, dai litorali deserti, fino dalle vette più inesplorate insorgerebbero italiani al tuono delle nuove battaglie, che inseguito da tutti i nemici egli darebbe a tutti loro per

lia di tutto un popolo contro un esercito, salire sulle Alpi e gridare all'Europa attonita: c

he egli vedeva attraverso il crepuscol

izzonte, mentre il deserto dell'agro romano si distende oltre lo sguardo e le memori

di velocità, dissipa le proprie traccie, è introvabile, invincibile. Agile come un serpente, ha dei balzi e delle ferme di leone che seminano nei persecutori la confusione e

ervitù che da secoli non ha più tentazioni di libertà. Le città e i villaggi, dove giunge, non lo ricevono o almeno non vorrebbero riceverlo, percossi dalla notizia degli eserciti che lo inseguono o meravigliati di vederlo vivo e forte, mentre una voce misteriosa

li di schiavitù non si cancellano in un giorno: il popolo che non ha ancora potuto credere, malgrado ogni dimostrazione scientifica, al giro della terra intorno al sole, perchè crederebbe subito che la storia giri intorno alla libertà? I dolori centenari della sua immobilità sulla gleba fecondata sotto l'occhio avaro del padr

onfante in tutta l'Europa si ricordava appena di lui per chiedere sbadatamente se lo avessero fucilato, il popolo l'abbandonava, Mazzini l'astro del suo pensiero era s

ano di un manipolo d'in

Marche verso la Romagna, si diresse a S. Marino per disciogliervi, ultimo difensore della repubblica romana, nella libertà della sua minima ed antica repubblica, le suprem

el giorno doveva re

sta le aveva gridato: Scriverò nell'esilio quanto operammo insieme! Garibaldi moralmente più grande si perde nella sventura d'Italia e non ha un solo motto d'orgoglio dopo tanti eroismi. Al momento

lle res

lla coscienza di tutti. Egli nega, non sa dirne la ragione, ma nega. Tale prudente menzogna del viso e delle vesti avrebbe mutato il suo pellegrinaggio in una fuga, e Garibaldi non può fuggire. Sua moglie Annita, meravigli

dissero poi tutti coloro che lo giovarono di aiuto. La vanità dei salvatori fu questa volta maggiore della grandezza del salvato; egli aveva sempre ricordato nel silenzio d

ato nè un amore. Annita vinta dal travaglio di quella caccia, che non dà requie, s'arresta un momento e spira. Garibaldi, solo, non può nè soc

'esercito col quale era sfuggito alla capitolazione di Roma, erra sul littorale di Ravenna in cerca di scampo: spie e pattuglie lo cercano. Appena ravvoltolato nella sabbia il cadavere della povera Annita, che i cani scovrirono e rosicchiarono nella notte, muta ricovero di cap

di, insegnate

al

davano a

leone, coll'occhio azzurro come l'azzurro delle più belle albe italiane, vestito come tutti i soldati d'Europa l'avevano veduto sulle mura di Rom

rib

ielo c

na inesplicabile sicurezza di essere già in salvo per potere più tardi salvare l'Italia, e che raggiandogli da tutta la persona assoggettava istantaneamente quanti gli s

correva l'appennino, ora più solo e abbandonato che in alcun tempo della sua vita, ne era succedu

Don Giovanni tendeva l

avano una federazione che mancando dell'idea fondamentale dell'unità non avrebbe mai potuto produrre la necessaria unione di tutti gl'interessi divergenti per combattere lo straniero e conquistare la libertà. La confederazione possibile in uno Stato già indipendente o livellato da una servitù uniforme, nell'Italia d'allora non era che una ipocrisia dietro la quale i suoi piccoli Stati tentavano salvarsi dalla rivoluzione; e coloro

fallire. Austria e clero tremendamente unitari avevano sempre riso e seguiterebbero a ridere di ogni tentativo rivoluzionario senza unità di mezzi e di scopi. Le monarchie italiane costrette dalle necessità dei tempi a simpatizzare colla rivoluzione, negandola nel proprio secreto per egoismo

te resistito a tutti gli sforzi del suo genio. Caduta Roma, l'Italia rientrava nella in

altri campi, lo sforzo rivoluzionario. La rivoluzione francese più abile e più profonda aveva preferito negare il cattolicismo per giovarsi dei dolori e degli odii da esso prodotti in tanti secoli di tirannia e di corruzione. Mazzini aveva sognato contemporaneamente la resurrezione e la rigenerazione dell'Italia. Era troppo. La lirica delicata e veemente del suo

one umiliante d'inferiorità in faccia al cattolicismo, mentre

olare affermando cattolicismo e romanismo, clero e religione identici nell'attualità storica, aveva capitanato contro di essi l'odio delle plebi, solo rattenendo

più larga ed efficace della sintesi int

mento era tutta la rivolu

contro sè medesimo che l'azione solamente avrebbe potuto calmare. L'agonia d'Italia gli diventava rimprovero alla calma della sua vita di cacciatore e di prete. Bisognava pur soffrire e morire in un'ora che Dio aveva concesso alla morte. A Napoli, a Roma

d assassinare la repubblica romana, era tradita a Vienna, soffocata a Berlino nel sangue più generoso: salvarlo adesso che generale senza esercito errava fra il popolo incapace di riconoscerlo, ormeggiato da spie, circuito da pattuglie pronte a fucilarlo! Morire ma salvarlo, perchè egli solo poteva un giorno rialzare l'Italia, essendo stato solo a concepirla e a combattere per l'Italia libera ed una! Mentre i più illustri uomini delle varie provincie disonoravano di lamenti e di contumelie reciproche la sventura di quell'ora, Garibaldi già rituffatosi nel popolo e

trafugato tanti proscritti, lo assicurava di questa necessità. Tutta la legazione di Ravenna era cop

colo aumentava: i minu

a Gari

oscritto egli portava allor

unque costo, e che un pre

ndo a ritardare inutilmente la resa di Venezia. Nessuna resistenza giovava più; bisognava riserbarsi ad altro tempo, forse prossimo, ritemprandosi in migliore preparazione. La nuova rivoluzione avrebbe mutato metodo e processo. La trepidazione vile ed avara, colla quale tutti i piccoli governi della penisola s'affannavano a ritirare dal naufragio quanto meglio potevano, profittan

cielo, la storia italiana immutabile col papa re di poche provincie esauste, col napoletano selvaggio nelle campagne o putrido nelle città, col lombardo-veneto soffocato dai croati, coi ducati lacerati da maniaci come Carlo III o da usu

rogramma

o

rio, s'erano abbandonati alle cupidigie di ogni impero, e impotenti perchè il loro carattere sacro derivava da una amputazione del carattere umano, avevano finito col preferire le ricchezze alla gloria. Per conservare un minimo regno ottenuto da una falsa donazione, quasichè i regni potessero donarsi, difeso per secoli contro insurrezioni feudali e municipali, sempre negato dal popolo, non avevano dubitato di turbare la storia di tutte le genti. Possessori di beni immuni d'imposte, esenti da ogni obbligo civile, erano quindi diventati stranieri nel mondo, entro il quale per turbolenza di vizi avevano voluto discendere e sul quale avevano regnato nel nome dell'ideale. No; Roma, sede del papa perchè il cattolicismo è universale, non poteva e non doveva essere un feudo

e confessioni ne rappresentavano la varietà. Il cattolicismo era necessario al cristianesimo come la grande strada ai

dano e i preti cercavano sottrarsi ai pesi che la vi

e in lui ancora troppo torbide un

veva salvar

a essere q

te

si, che li oppugnavano, credessero di uscire dal cattolicismo. E Roma non aveva osato ostinarsi nella contraria teorica. Invincibile nelle polemiche, aveva sempre creduto alle resistenze popolari contro i suoi privilegi mondani. Le discussioni filosofiche presto o tardi andavano a percuotere in un dogma incrollabile sfracellan

romana guardandone i triumviri o il generale e li stimerebbe sempre capaci di ricominciare. L'Austria accorsa in aiuto del papa aveva altrettanto bisogno di uccidere in essi l'idea della unità italiana. Gli ultimi casi della guerra si prestavano meravigliosamente a una fucilazione quasi irresponsabile per il governo; una pattuglia l'eseguiva, se ne riprova

nzioni riformiste e rimasto come est

olicismo distrigandosi così dal romanismo nella coscienza del clero avrebbe affermato che il papa infallibile n

trionfato contro la Roma dei papa-re. Salvare Garibaldi non era un votare per la repubblica romana, che aveva dichiar

otuto salvarlo, Roma non

tenza. Roma costretta a contraddirsi dalla religione di Cristo, ecco l'immenso beneficio religioso c

o un lustro circa dove era scoppiata l'insurrezione. Egli non vi mancò. Tutte le notti andava solo, mutando strada, armato, a questo appuntamento, dal quale dipendevano le sorti dell'Italia. Nessuno ne sapeva nulla: le sue abitudini di cacciatore lo protessero anche questa volta. Erano aspettazioni tremende. Accovacciato sopra la strada dietro un rialzo, dominandola per quanto le sue sinuosità g

ontrabbandieri, gli pareva che guardassero nella tenebra contro di lui e sorridessero. Anch'essi sapevano che aspettava Garibaldi! E allora le sue mani stringevano convulsamente la carabina,

asto io a t

gosto Don Giovanni, avvisato, si recò in cima al monte di Trebbio, che divide Modigliana da Dovadola: pioveva dirottamente. Giunse Garibaldi in carrettino; Don Giovanni uscì dal nascond

disceso aiutav

disse Do

rispose

era

dia

non può camminare, soggiun

lla propria natura nel pericolo di quel momento, ebbe u

to? Egli, Don Giovanni, andrebbe avanti: al primo incontro ripiegherebbe; se fossero gendarmi direbbe a Gari

trovare u

va un altro parroco, amico e congiunto di Don Giovanni; questi batte all'uscio, lo fa alzare, gli domanda cavallo e carrettino. L'altro acconsente. Don Giovanni f

rimanda garzo

tra riva. Era talmente sicuro di sè che non si spogliò nemmeno. Garibaldi titubava. Marinaio, gli sembrava ridicolo guadare un fiume sulle spalle di un altro uomo. Ma in quel momento Don Giova

conoscete il mare, ma

. Quando toccarono la sponda Don Giovanni trasse un forte respi

ra

il ferito disteso sull'erba, se lo caricò sulle spalle e, accennando a Garibaldi di seguirl

ua vita era compiuta, tu

e modestia della propria natura non se ne aperse con alcuno; quello solo che poterono poscia indovinare gli amici fu che Garibaldi temeva per Don Giovanni, e q

ra che Garibaldi in qu

binati accordi con al

on Giovanni, prese

tramala, le Filigare

amo

on Giovanni avesse messo nella confidenza di quella perigliosa ospitalità, offerse timidamente a Gar

za un soldo e che non ne aveva neppure egli per imporglieli

mantenne i

monti giunsero sopra la Badia di Susinan

lino, e pensò di svegliarlo per chiedergli i muli. Nascose i due compagni in una

me, parevano più sinistri in quella gola; l'acq

stra si

i v

n Giovanni d

che

ce

bito: come mai lei

liato di quella visita parlare ad

scio di casa; teneva

nni vi so

e c

! Hai i muli a

el mulattiere, e ricordand

o uno

Palazzuolo. Ho meco due signori, sono stanch

vuole altro per i nostri mo

S

eda; ho ancora in casa due fiaschi. Ma perchè mi

quei signori, vado a trovarli. Metti il bast

las

mulo per la briglia: la bestia s'arrampicava con passo vio

Pio Nono, rattenen

uosa, nera e piccol

roppo vivo, e lo frenava con visibile sforzo, mentre colla

il capitano Leggero do

a sempre la catena del capezzone nella mano, e il mulo impaziente scalpitava sbuff

soffocatame

bosco, nel campo, nascondilo o, se non è possibile, ri

O

ai pau

o non r

mo i

chi

'indice sulla bocca; si trasse

anzi, sia

rdette alla prima

pensò tosto che quei due signori fossero due banditi, come si diceva nel lingua

del mulo. Pio Nono colla catena del capezzone nelle due mani stava indietro il più possibil

aldi! gridò i

si vol

Pio Nono dando un

i gli si

'è? Mi avet

L'ho comprato due anni fa a Scaricalasino. Era grande come un porco, ma bello veh! Me lo sono fatto io. Gli ho messo sul groppone sino a due balle da

rise voltandosi al

sti domandò, chiamate

uzione. Garibaldi è il migliore soldato, e il mio m

scuotendo la catena. I

roprio fare il Gariba

hi sa dov'è

se era così buono che Garibal

pose Pio Nono imbara

tringo la mano, non poss

botto: e abbacinato, più incerto ancora dopo aver compreso, tremante di un sentimento inespli

allegramente il Generale: n

to riapparve

domandò il ca

e c

amò ancora attonito

, non il

baldi si era nuovamente scoper

enera

o non è come quell'

tava in una bettola di Palazzuolo

ulo? gl

non ne ho

Gari

rispetto di le

ora il carbonaio e la fuliggine dei sacchi gli tinge bar

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